VeneziaMestre, più di un'opera d'arte

17.05.2021 23:32 di  Manuel Listuzzi   vedi letture
VeneziaMestre, più di un'opera d'arte

Un’opera d’arte è una creazione artistica. Essa è assemblata da professionisti di un’arte, o comunque comporta una funzione primariamente estetica. Ma quella di stasera non è un’opera d’arte. E’ qualcosa di più. E’ qualcosa di cui si parlava come si parla di un sogno, di una sostanza ineffabile e totalmente effimera. Un VeneziaMestre così era sepolto da decenni di polvere e sabbia nelle profondità più irraggiungibili delle speranze arancioneroverdi. Non posso credere che questi ragazzi portino le stesse maglie che sei anni fa vedevo danzare sopra a terreni fangosi di serie d. E’ questo che abbiamo aspettato, questo per cui abbiamo sofferto? E’ facile parlare di sport, annunciare che alla fine, questo, è solo un gioco. E’ semplice farlo se nel sangue non scorre l’acqua salmastra di laguna, se la vostra stessa identità non partisse da un unico, grande presupposto. Sono veneziano. Amo questo tricolore figlio di una rivalità, embrione di una città, figlio di un unico popolo. Il primo tempo di questa sera ci rende una cosa sola. Ci abbracciamo spettatori di un’opera d’arte, in cui l’estetica però si è sposata a meraviglia con la concretezza.

Non ho ricordo di una squadra simile. Non ho memoria di un’Unione così devastante. Questo gruppo si muove all’unisono, orchestrati da una regia impeccabile, che appare dosare in misura perfetta aggressività e controllo. Sono gli occhi che fanno la differenza. Quelli dello squalo all’ingresso in campo, quello del capitano in seguito ad un netto rigore non fischiatogli. Quello di tutti i ragazzi all’interno del cerchio magico, totalmente consapevoli di ciò a cui ci stanno accompagnando. Ho percepito serenità in ogni giocata, costantemente padroni di ritmi e geometrie. Le occasioni che fioccavano non hanno debilitato la volontà del VeneziaMestre, ma anzi hanno aumentato minuto dopo minuto l’autostima dei lagunari. Le fasce si alzavano con perfetta musicalità, Mazzocchi tornato ai livelli di febbraio e Molinaro a dispensare chiusure ed esperienza. Modolo autorevolmente riconquista lo scettro della difesa, mentre al suo fianco Ceccawall si palesa nella versione più elegante. Il centrocampo domina, dando senza soluzione di continuità l’impressione di poter alzare od abbassare la musica del match. Infine il trittico di giocatori che decidono match e hanno le velleità di poter decidere dei nostri destini. Maleh, l’inesauribile, placcato di classe. Johnsen il ragazzo sbocciato, talento in misura tascabile. Il bomber Francesco Forte, l’uomo che può regalarci questo sogno, la figurina che potrebbe attaccarsi per sempre al cuore di migliaia e migliaia di unionisti.

La verità però è che mancano ancora novanta, lunghissimi minuti. Ma ciò che fondamentalmente mi rende sereno, è la sensazione di fondo che mi lascia questa partita. Ciò che ci si apre di fronte, la finestra che si spalanca davanti ad un cielo finalmente sereno, è qualche cosa di talmente luminoso da non farci definire i confini. Ma se accantoniamo la diffidenza, se allontaniamo la paura, è chiara la figura di una delle più belle squadre che si ricordino. E’ proprio il VeneziaMestre di cui abbiamo sempre fantasticato, una squadra con cuore e polmoni immensi, guidata da un timoniere degno erede di dogi e cardinali. E’ un disegno perfetto che merita un finale perfetto. Combattiamo come sappiamo. Andiamo a prenderci ciò che ci spetta. Un’opera d’arte merita di essere esposta nei musei migliori del mondo. Portateci la serie A.

Avanti Unione!