Il solito, triste, VeneziaMestre

17.09.2022 16:24 di  Manuel Listuzzi   vedi letture
Il solito, triste, VeneziaMestre

Non c’è passione senza cuore. Non esiste attaccamento alla maglia senza identità. Non esiste atletismo senza gambe. Non può esserci voglia di vincere senza rabbia. 

A questo VeneziaMestre manca tutto; ma soprattutto manca terribilmente l’anima. E dove non vi è anima, non si può chiedere la fede di una tifoseria che ne ha passate veramente troppe. 

Il riconosciuto trionfo internazionale del brand marcato Philipakos non si rispecchia però nelle presenze di un Penzo desolatamente sgombro, svuotato totalmente di quell’entusiasmo dilagante che si respirava solamente una stagione fa. Ed è come se la squadra stessa respirasse questa sorta di distacco, di apatia, finanche di quasi disprezzo che la città stessa pare imprimere ad una creatura nata già sotto le stelle sbagliate, figlia di una politica societaria autolesionistica e sempre più distante da ciò che succede sul terreno di gioco. A far presenza in un momento di tale difficoltà è infatti solamente il responsabile del marketing a prendersi la scena in tribuna, come a sottolineare una volta di più come la presentazione della nuova luccicante maglia nero oro fosse decisamente l’evento di giornata, il Pisa veniva molto, molto dopo. E purtroppo si è visto. 

Peccato perché stavolta l’Unione parte meglio, più ordinata e compatta nel suo nuovo abito della difesa a tre. Gli esterni spingono come il modulo obbliga, ma l’assenza dei titolari del ruolo pesa in particolare sulla qualità delle giocate offensive. Il duo di kili e centimetri offensivo pare avere una sua logica in un calcio che spesso preferisce la palla alta a delle geometrie in mediana che semplicemente non esistono. Ancora una volta infatti è il centrocampo il punto delicato di questa squadra, con un trio che fatica a trovare le giuste distanze e i necessari aiuti in ripiegamento, con un esordio timido e tutt’altro che indimenticabile del danese Andersen. Busio cerca di farsi vedere nel mezzo dello scolastico pressing dei toscani ma le sue idee si limitano allo stretto indispensabile. La prateria che per l’appunto si viene a creare tra i due reparti costringe Pojanhpalo a cercar palloni decenti fin sulla trequarti, scoprendo di conseguenza l’area di rigore. I lagunari calano dopo una prima buona mezz’ora, dove la sfortuna dimostra di non aver ancora divorziato definitivamente dai leoni con il legno di Fiordilino, ma proprio nel momento di stallo ci pensa una magia di Novakovich a cercare di riaccendere la passione di un popolo. Nemmeno il tempo di godersi un primo, innovativo, vantaggio che gli incubi della stagione passata tornano prepotenti, incarnati dal puntuale errore di un Ceccaroni irriconoscibile, che lasciando scappare Gilozzi regala il punto del pari agli ospiti. Nella ripresa il registro non cambia di una virgola con l’Unione che ci prova ma senza la necessaria convinzione, dando la sensazione di un gruppo paradossalmente sazio ed incapace di esprimere la benché minima fame di punti. Nemmeno la superiorità numerica maturata negli ultimi 20 minuti dona coraggio e serenità ad una squadra che, mestamente, non ha la qualità per abbozzare un vero e proprio forcing.

Si finisce così con l’ennesima pioggia di fischi, con la curva semi sguarnita a chiedere maggiori attributi ed una città che ha smesso di sognare già a metà settembre. Solitamente qualcuno a questo punto dovrebbe metterci faccia ed autocritica, quantomeno per sollevare il morale ad un ambiente sulla via del suicidio sportivo, ma i tempi in cui ci si assumeva onori ed onori è finito da un po’, ed a noi non resta che continuare a sperare che questa sia solo una fase e che qualcuno, oltreoceano, ci ascolti.

“Arancioverdi siamo noi” urla la sud. Meno male che giochiamo domani allora. 

Avanti Unione.