"Storia di un'Unione", il riepilogo della nostra rubrica

06.01.2024 16:57 di  Manuel Listuzzi   vedi letture
"Storia di un'Unione", il riepilogo della nostra rubrica

C’erano una volta due città separate da un unico ponte. C’erano una volta due squadre di pallone, acerrime rivali, emblemi opposti di un territorio che ribolliva di passione. Venezia e Mestre, terra ed acqua, divina bellezza contro moderna concretezza, riflessi diversi di una condivisa storia millenaria. Si fa fatica a comprendere a pieno questo nostro popolo al giorno d’oggi, in un mondo in cui si vorrebbe tornare ad alzare muri sempre più alti con i vicini, suona strana la narrazione della storia lagunare degli ultimi cinquant’anni, una trama che ha visto unire due fazioni così diverse anche grazie al calcio. Negli anni 60 l’emorragia di abitanti dal centro storico verso la terraferma a causa sia degli insostenibili costi di Venezia che della maggior comodità di Mestre era inarrestabile, la città si stava trasformando sotto la pressione costante di chi stava facendo di tutto per rendere la capitale della Serenissima il museo a cielo aperto che oggi è sotto gli occhi di tutti. Questo ha avuto però l’effetto di allargare i naturali confini della città di mare, inondando di venezianità i viali, i quartieri e le piazze mestrine, come quelle delle vicine Marghera, Favaro e Campalto. Le famiglie divise e mescolate oramai tra i due lati del ponte hanno così ridotto le distanze di chi vedeva in quel ponte un simbolo tra tutto ciò che meritava di esser definito “Venezia” oppure no. In quell’epoca in cui appariva evidente come il potere politico, economico ed elettorale, si stesse spostando dalla laguna alla terraferma, fu un uomo che veniva dal Friuli a vederci più lungo di tutti gli altri, percependo le potenzialità di scommettere sul calcio di casa nostra. Era il 1987 ed il suo nome Maurizio Zamparini.

Il patron di Mercatone Zeta ebbe l’intuizione di voler unire due piazze calde e numerose, ma mai veramente protagoniste nel mondo del pallone. Lo fece in un momento storico ideale, con entrambe le compagini che attraversavano periodi complicati della loro storia, in particolare quella neroverde, sull’orlo di una drammatica ricaduta tra i dilettanti. Decise così prima di acquistare la proprietà veneziana e poi accorpò il titolo sportivo del Mestre arancionero. In città si respirava un cocktail eccitante di rabbia, frustrazione, curiosità ed entusiasmo; fondersi con chi fino a poche settimane prima ci si scontrava quasi quotidianamente, sacrificare la purezza della propria fede per un progetto così grande, non era di certo uno scherzo. Come avrebbero reagito le parti più calde delle due tifoserie? In una serie di interviste agli ultras protagonisti di quegli anni abbiamo raccolto i loro punti di vista:

“Fu quasi imprevisto il modo e la velocità con cui ci affiatammo, nonostante la rivalità fosse così grande. Non fu nemmeno il grande progetto di Zamparini ad affascinarci così tanto, a quell’epoca la categoria contava ben poco, è stato più l’idea di voler creare qualcosa di nuovo e di speciale.”  Frizzo, Ultras Unione.

“Dall’ultimo derby in cui andammo in massa a Venezia con lo striscione “no alla fusione”, in poche settimane, esattamente il 26 giugno 1987, il gioco era fatto. Ma al di là di qualche sondaggio sui giornali o qualche scritta in giro, non c’era stato nulla di così organizzato per contrastare questo processo. Anche perché l’annuncio del nuovo nome, ovvero VeneziaMestre aveva già aiutato a stemperare alcune tensioni. “ Franz, Ultras Unione.

Già, VeneziaMestre. Il nuovo nome societario ed il nuovo tricolore arancioneroverde fecero così il loro esordio nel campionato 1987-88 a Busto Arsizio prima del grande esame della settimana successiva a Mestre contro il Telgate. Quale sarebbe stata l’atmosfera, come avrebbe reagito il pubblico veneziano nel tifare una squadra di casa al Baracca, era la prima prova di maturità per la nuova creatura, la prima risposta ad un progetto che poteva accendersi o bruciare in poche settimane. Chi fu presente a quello storico evento racconta di un clima particolare, d’attesa, con le due fazioni ancora chiaramente distinguibili, ma che ben presto si resero conto di essere di fronte a qualcosa di unico. Racconta ancora Franz, uno dei fondatori degli Ultras Unione:

“Quello che mi colpì era vedere lo stadio piano piano riempirsi ed iniziare a comprendere le potenzialità che potevamo avere. Mi ricordo la terza giornata a Castelfranco, con un migliaio di veneziani e mestrini al seguito, pieno zeppo di ragazzi giovani; là fu un momento in cui iniziammo a capire che potevamo veramente creare qualcosa di speciale. Tutto l’anno fu così un viaggio stupendo ed un crescendo continuo.”

La storia del VeneziaMestre era cominciata. La tifoseria era allora composta da ragazzi molto giovani, il  mix di veneziani e mestrini portava innanzitutto l’orgoglio e la necessità di voler difendere e continuare a trasmettere la storia delle loro precedenti fedi, l’Ac Venezia 1907 ed il Mestre 1929 erano società che ora esistevano esclusivamente in quel tricolore arancioneroverde. Fin dalle prime partite di quel campionato iniziò così a risuonare quella parola che da lì in poi contraddistinse il calcio in laguna: Unione. E fu un crescendo inarrestabile. La trasferta di Treviso pochi mesi più tardi con oltre tremila tifosi al seguito sancì definitivamente il successo del progetto Zamparini, con una città che si rispecchiava sempre di più nella propria squadra.

Fu il 1989 invece a segnare un’altra svolta epocale della storia del club, quando mr Emmezeta decise di ritornare al nome Ac Venezia, rischiando di gettare al vento tutti i sogni della nuova tifoseria, che non la prese per nulla bene. Continua Frizzo:

“Ciò che più diede fastidio fu che la società non ebbe l’accortezza di coltivare quel poco che doveva coltivare, non si rese conto del passaggio che ci fu. Persero l’opportunità di comprendere la portata dell’evento che noi, come tifoseria, stavamo creando. Era un operazione nata con scopi economici, ma noi la trasformammo in qualcosa di grande, un’utopia. E solo quando Zamparini si trovò la muraglia umana in serie A se ne rese conto, perché quello non era merito della società, ma di come avevamo coinvolto tutto il popolo nel concetto di Unione. “

Fu un trauma, ma l’idea del patron friulano di sacrificare l’identità mestrina sull’altare del profitto fallì miseramente; oramai per la curva sud e per i neonati Ultras Unione non esisteva altro che il VeneziaMestre, e l’arancioneroverde sarebbe stato, per sempre, il simbolo che avrebbe testimoniato e glorificato quell’ideale. Specialmente poiché ormai quel concetto, quell’utopia, travalicava il terreno di gioco, per esprimersi nel tessuto stesso della città.

A descriverlo perfettamente ci pensa ancora Franz: “L’identità di questa tifoseria si è creata dal basso, questo è il punto fondamentale, dal 1989 in poi la stampa ha martellato col nome Venezia e basta, ma nonostante tutto questo, una parte consistente, radicale, ribelle dei tifosi ha tenuto duro ed ha costruito la propria identità! Sono stati anni incredibili perché ci siamo trovati dalla c2 a battere la Juve, poco dopo in serie A, qualcosa di impensabile. E ciò che si è costruito come curva ma anche all’interno della stessa città, come identità a 360 gradi, non solo sportiva. E’ stata una stagione quella tra la fine anni 80 al 2000 dove in città si respirava un’aria incredibile, e buona parte era dovuta al laboratorio che era lo stadio, che era la curva. C’era un esplosione culturale, musicale, tutti insieme ai concerti dei Pitura Freska, anche se non vi era nulla di strutturato, ma completamente spontaneo, una generazione e più di ragazzi di Venezia e Mestre che hanno imparato a riconoscersi come fratelli. E nessuno aveva mire politiche o altro, ma se i referendum (sulla separazione dei due comuni, ndr) son saltati in modo tanto lampante è dovuto anche a questo; prima del 1987 ci guardavamo in cagnesco dalle due sponde del ponte, la curva ha unito la città! La creazione della città metropolitana, ancor prima della politica, è nata allo stadio. Lì è nato un popolo diverso, unito, orgoglioso. In pochi hanno saputo leggere questa cosa, solo quelli che la amano, la leggono dal punto sociologico, capiscono come questo ha cambiato la città. “

Il nome VeneziaMestre era quindi scomparso dai notiziari e dai giornali, ma la curva sud se ne fece una ragione poiché erano i colori arancioverdi a quel punto ad identificare la storia post fusione. Ma questo comportò uno scontro totale tra ultras e società ogni qualvolta le maglie ed i simboli non rispecchiassero totalmente e perfettamente il bilanciamento tra arancionero e neroverde. Emblematica fu la rivolta di villa Condulmer quando la parte calda del tifo irruppe alla presentazione delle nuove maglie, estremamente propense verso il verde, costringendo la società a produrre in fretta e furia nuove divise di gioco per la stagione a venire. E fu punto dolente anche della storia più recente del club di Viale Ancona, quando di ritorno in serie a dopo quasi vent’anni il genio del marketing e del brand Philipakos decise di stravolgere l’immagine della società cambiandogli inopinatamente i colori sociali, utilizzando l’oro come colore predominante sia per le divise che sui vari social. Furiosa e veemente fu la reazione della curva unionista, alimentata dalle risposte alle critiche di un presidente che dimostrava così la poca conoscenza del club per cui lavorava ed innescando un anno e mezzo di scontri che portarono i lagunari ad un passo dal baratro. L’allontanamento del manager greco e le dichiarazioni di scuse del presidente riportarono la pace in laguna ed i risultati sul campo rispecchiarono alla perfezione l’inversione di tendenza.

Nei 36 anni di storia del VeneziaMestre ci son stati diversi momenti iconici, dall’esodo di tifosi per lo spareggio promozione di Cesena con il Como, all’indimenticabile notte del 4-3 con la Juventus di Baggio e Trapattoni, fino ai mesi targati Recoba e Maniero; ma come ogni cosa nella vita, c’è anche il suo risvolto negativo, con i tre fallimenti, il Penzo desolatamente deserto, le battaglie in curva, le crisi identitarie.  Proprio in mezzo a tali difficoltà sono rinate in città le squadre del Venezia e del Mestre, capaci nonostante le categorie minori, di attrarre piccoli gruppi di tifosi che non si sentono adeguatamente rappresentati dalla squadra arancioneroverde. E’ la naturale conseguenza per una società, quella del presidente Niederauer, che ancora fatica a voler riconoscere senza indugi la propria storia più recente, e che sembra, a volte, voler ignorare di portare dentro di sé la storia di due gloriose realtà cittadine, e non di una sola di esse. Questo dicembre si festeggiano i 116 anni di una delle due, nel 2029 si dovrà ricordare anche il centenario dell’altra. Mentre il nome Unione è ormai il più usato sia dai tifosi che dai social stessi del club arancioneroverde, non resta altro che fare quel piccolo passo in avanti per certificare una volta per tutte l’identità e la caparbietà di una tifoseria che ha lottato contro tutto e tutti per difendere un unico, immenso, sogno.

Ora non c’è più nulla che separi veneziani e mestrini, sebbene il modo di vivere resti e resterà sempre differente; nonostante solamente chi nasca tra calli e campielli possa comprendere la fortuna così come la difficoltà  nel crescere in un luogo così magico, sono le tradizioni, la lingua, i valori a renderci parte di un unico popolo. Il VeneziaMestre è stato uno dei collanti affinché questo potesse accadere, un esperimento sociale andato ben oltre anche alle più smodate aspettative di chi invece si aspettava solamente un mero guadagno economico. Nel nostro belpaese ci sono squadre ovviamente più seguite, con storie più vincenti, più chiare, più lineari. Noi invece siamo questi, siamo figli di una fusione tra nemici sportivi, siamo quelli che una volta si insultavano da una sponda all’altra della laguna, e che poi invece, si son scoperti fratelli ed hanno dedicato le loro vite per un’ideale, per l’Unione. La storia di rivalità che sono diventate amicizie che hanno unito e continuano ad unire una grande città.